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    Faruk Šehić ed Elvira Mujčić: hai mai guardato la Bosnia con gli occhi di una donna?

    19/01/2021 Sara Latorre

    Faruk Šehić ed Elvira Mujčić parlano del mondo in cui vivono. Elvira Mujčić è nata a Loznica, in Serbia, nel 1980, ma fino all’inizio della guerra del 1992 ha vissuto a Srebrenica. Questo fatto apparentemente insignificante condizionerà fortemente la sua vita e quella dei suoi cari, motivo centrale del romanzo Dieci prugne ai fascisti (pubblicato…

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    Il corpo femminile come trincea: le vittime invisibili delle guerre jugoslave

    12/01/2021 Sara Deon

    Chi ha osservato in presa diretta le guerre jugoslave dall’altro lato della Cortina di Ferro ricorda le immagini dei telegiornali. Uomini ridotti a scheletri nel campo di concentramento di Omarska, non dissimili dai Muselmann dei lager nazisti, a meno di cinquant’anni da quel genocidio che si riteneva impensabile potesse riproporsi nel cuore dell’Europa del Novecento.…

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    Venezia 77: i film dell’Est

    29/09/2020 Viktor Toth

    Pur non essendo carico di titoli in grado di attirare un ampio pubblico, come Joker l’anno scorso o First Man e The Favourite quello prima, quest’anno la Mostra del Cinema di Venezia ha avuto una sua importanza molto particolare: è stato il primo grande festival cinematografico di portata internazionale tenuto fisicamente in seguito all’inizio della…

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    Afferra il coniglio: riappropriarsi del Paese delle Meraviglie nella Bosnia di oggi

    22/07/2020 Giorgia Maurovich

    La felicità non è un argomento di discussione per una donna dei Balcani. Queste le parole della scrittrice bosniaca Lana Bastašić che cita in un’intervista l’artista Sandra Dukić. All’interno del discorso postcoloniale, l’Est Europa viene spesso e volentieri negletta per il suo essere Altra, anomala, diversa: non abbastanza degna di un posto a fianco delle grandi…

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Chi dice che l'arte è morta, non ha guardato abb Chi dice che l'arte è morta, non ha guardato abbastanza in profondità nel panorama artistico. Anton Jakutovyč, pittore ucraino figlio a sua volta di due pittori, è fra i più strabilianti del realismo magico.
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Inizia a studiare arte a Kiev alla scuola d'arte Ševčenko, per poi trasferirsi a Parigi per continuare la sua carriera di pittore.
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Jakutovyč è un compositore di poesia in immagini. Le sue opere si innestano in paesaggi onirici, abitati da creature a metà tra l'umano e il fantastico. A sottolineare questa duplicità nelle sue opere è la presenza di soggetti speculari l'uno all'altro, quasi a insinuare la doppia natura della psiche umana, che nella letteratura è stata spesso rappresentata da doppi e doppelgänger.
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Non solo, a essere messo in discussione è anche il limite tra animato è inanimato, animando un mondo in cui ogni simbolo è linguaggio da decifrare.
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Conoscevate questo artista? Fatecelo sapere nei commenti!
Il nostro percorso attraverso l'Est Europa è orma Il nostro percorso attraverso l'Est Europa è ormai cominciato da un po', ma non ci saremmo mai aspettate che ci avrebbe portate a incontri che avrebbero reso il nostro viaggio così unico.
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Poco più di un mese fa, il 6 dicembre 2020, abbiamo trasmesso la nostra prima live e abbiamo avuto la grande fortuna di avere come ospite l'artista Maria Chiara Calvani. Grazie a lei abbiamo potuto osservare e vivere l'Est Europa, in particolare l'area balcanica, attraverso una delle due più importanti forme di espressione, il canto e i rituali magici.
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Durante la live ci siamo addentrate in diversi ambiti e Maria Chiara ci ha segnalato molte letture che possono aiutarci a comprendere meglio l'Est Europa. Ve le abbiamo riportate così, insieme ai suoi lavori, affinché possiate scoprire e andare più in profondità nello spirito balcanico, augurandovi inoltre di poter visitare presto queste terre.
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Trovate il link all’articolo con le risorse in bio o su estranei.org!
“La ragione della chiacchierata con Elvira Mujč “La ragione della chiacchierata con Elvira Mujčić è duplice: la prima è che per la prima volta un suo libro è stato pubblicato in bosniaco e presentato al festival Bookstan di quest’autunno; la seconda, che Elvira è la traduttrice italiana di due dei miei libri. Il mio editore milanese, @edizioni.mimesis , ha assunto Elvira per tradurre Il mio fiume (Mimesis Edizioni, 2017), dopodiché ci siamo conosciuti.
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Il mio ultimo libro tradotto da lei, Racconti a orologeria (Mimesis Edizioni, 2020), è uscito in Italia nello stesso periodo in cui il suo è uscito per Buybook. Perciò il nostro dialogo qui è un dialogo tra due scrittori, una traduttrice e un editore.”
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Due delle voci più amate della letteratura bosniaca contemporanea dialogano di narrativa, ricordi dalla Bosnia, Ivo Andrić e migrazioni. Con una piccola chicca, le esperienze italiane di Mujčić: da Calvino al panorama editoriale e intellettuale del nostro Paese.
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La fantastica @saralatorrelat (che ricordiamo essere tra le ideatrici di @clt_podcast) ha tradotto per noi questo pezzo, uscito su Kosovo 2.0 il mese scorso. Trovate il link in bio o su estranei.org!
Ritorna la nostra #doomenica e proprio alle porte Ritorna la nostra #doomenica e proprio alle porte di uno dei momenti più attesi dell’anno: il Blue Monday! Per festeggiarla al meglio, davanti a una buona bottiglia di vino scadente, cuffie di pessima qualità e lacrime amare dopo la mezzanotte, oggi vi proponiamo un gruppo storico della scena post-punk sovietica: i Kino.
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Operativi nel bel mezzo degli anni ’80, i Kino entrano nell’Olimpo della musica russa soprattutto grazie alla mente e personalità di spicco del frontman Viktor Coj. Figlio di un’insegante e di un ingegnere di origine coreana, Viktor inizia giovanissimo a comporre musica in quel di Leningrado, fino a fondare con Rybin e Valinskin nel 1981 prima i Гарин и Гиперболоиды e poi i Kino, di cui faranno parte anche negli anni Jurij Kasparjan, Georgij Gur’janov, Igor’ Tichomirov e Aleksandr Titov.
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Il gruppo esordisce ufficialmente nel 1982 con l’album 45 e dopo l’uscita dal gruppo di Rybin pubblicano l’album 46, ma il vero successo arriva nel 1987 con l’album Группа крови, caratterizzato da tinte fortemente polemiche a livello sociale e politico. La band riscì a organizzare anche un tour europeo e Coj, dopo il successo con la band, ebbe diversi ruoli in alcuni film, ma ciò non lo distolse dalla sua vita semplice, in cui rifuggiva ogni forma di sfarzo.
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Il 15 Agosto del 1990 Viktor Coj morì in un incidente stradale in Lettonia, probabilmente dovuto a un colpo di sonno mentre guidava, lasciando la moglie Marianna e suo figlio Alexander di cinque anni. La notizia ebbe una eco enorme in Russia e venne accolta molto male dai fan della band: alcuni di loro, appartenti alla schiera dei più giovani, si suicidarono dopo l’avvenimento. Dopo l’uscita dell’ultimo album, il gruppo si sciolse.
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Una delle canzoni più famose del gruppo, Пачка сигарет, ha assunto un significato molto particolare per il popolo bielorusso: negli ultimi tempi di rivolta, il brano viene malinconicamente identificato come canto di rivolta per una Bielorussia finalmente libera.
Anna Politkovskaja è una figura che, per compren Anna Politkovskaja è una figura che, per comprendere la Russia contemporanea, va assolutamente conosciuta. Assassinata nel 2006 in circostanze non ancora ufficialmente chiarite, Politkovskaja è diventata un simbolo della causa dell’opposizione e dei diritti umani nella Cecenia colpita dalla guerra, nonché un esempio encomiabile di giornalismo e impegno politico. Oltre alle traduzioni e alle pubblicazioni delle sue inchieste, qui in Italia le sono state dedicate anche opere come gli splendidi Quaderni russi di Igort.
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La Russia di Putin, scritto nel 2004 e uscito in Italia per @adelphiedizioni, è un testo chiave per comprendere quanto sia accaduto nei primi anni del governo Putin. Originariamente scritto in inglese e pensato per un pubblico non russo, il volume raccoglie reportage, testimonianze e atti giudiziari da processi che hanno palesato dei problemi endemici della Russia: corruzione, perizie false, tangenti, speculazione, criminalità organizzata e violenza sistemica nell’esercito e nelle carceri.
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Con la sua indagine, Politkovskaja si pone l’obiettivo di sfatare il mito occidentale di un Putin uomo forte e tutto d’un pezzo, mostrando come il suo stesso potere si fondi sulle crepe del sistema che ha saputo sfruttare. Le voci chiamate in causa sono eterogenee, da vicine di casa a ufficiali dell’esercito in Kamčatka, fino ad arrivare ai testimoni dell’attacco terroristico al teatro Dubrovka, in cui le forze speciali russe uccisero 168 persone tra combattenti e civili.
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Lo stile di Politkovskaja è limpido, il linguaggio è semplice, ma non risparmia i dettagli più crudi. La sua missione, lo dice lei stessa, è dare priorità alle testimonianze vissute sul campo, non alle proprie opinioni: “Io vivo la vita, e scrivo di ciò che vedo”, chiarisce nella nota d’apertura al volume.
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Quello che vide, nonché quello che molte persone vissero sulla loro pelle, non era certo idilliaco. Eppure, anche dopo il tragico assassinio, a cui nessun membro del governo russo partecipò, la determinazione e il risoluto desiderio di giustizia di Politkovskaja continuano a ispirare migliaia di persone in tutto il mondo.
Mentre l’opinione pubblica in Polonia si spacca Mentre l’opinione pubblica in Polonia si spacca intorno ai finanziamenti illeciti forniti dal ministro della giustizia Zbigniew Ziobro ai comuni con le famigerate zone LGBT-free, che ricordiamo essere stati penalizzati dall’UE, è iniziato oggi, 13 gennaio, ironicamente la giornata mondiale per il dialogo tra religioni e omosessualità, il processo riguardante uno dei più grandi casi mediatici dell’attivismo LGBT+ in Polonia.
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Nella città di Płock, vicino a Varsavia, la psicoterapeuta e attivista Elżbieta Podleśna appese, nell’aprile del 2019, dei poster raffiguranti la Madonna nera di Częstochowa, un simbolo storico e nazionale di estrema importanza per i polacchi, con l’aureola dipinta dei colori dell’arcobaleno in segno di protesta verso l’intolleranza del fondamentalismo cattolico, che qualche tempo prima aveva fatto riferimento all’ “ideologia gender e LGBT” come un peccato. Oltre ai poster, Podleśna tappezzò i cestini dei rifiuti di liste di vescovi che si vociferava avessero protetto dei preti pedofili.
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Il mese dopo Podleśna fu arrestata per offese al sentimento religioso, e il suo caso è tuttora seguito e supportato da Amnesty e da altri organi per la tutela dei diritti umani. La vicenda dell’attivista suscitò molto clamore anche nel dibattito pubblico, e ottenne una levata di scudi persino da alcuni intellettuali cattolici che si opposero all’intervento dello Stato in questioni prettamente religiose.
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La petizione di Amnesty per far cadere le accuse conta a oggi più di 100.000 firme, e tra le organizzazioni che stanno seguendo il caso si conta anche Freemuse, che si occupa di tutela della libertà artistica. L’articolo 196 del codice polacco, che riguarda proprio la libertà d’espressione, è il principale oggetto del dibattito: la sua applicazione da parte delle autorità è spesso arbitraria, e potrebbe portare a nuovi scontri con l’UE.